Buona domenica a tutti!^^
E anche oggi sarà una domenica produttiva in compagnia della quarta giornata di "Quattro blog per un autore" per il libro Fahryon - Il suono sacro di Arjiam di Daniela Lojarro
Vediamo un po' come l'autrice si è messa in gioco per quanto riguarda il nostro angolo di ''scrittura creativa''.
E anche oggi sarà una domenica produttiva in compagnia della quarta giornata di "Quattro blog per un autore" per il libro Fahryon - Il suono sacro di Arjiam di Daniela Lojarro
Vediamo un po' come l'autrice si è messa in gioco per quanto riguarda il nostro angolo di ''scrittura creativa''.
“E ADESSO SCRITTORE… CONTINUA TU!”
A) DARE SFOGO ALLA SUA SCRITTURA CREATIVA SCEGLIENDO UNO DEI TRE QUESITI PROPOSTI
B) DARE ORIGINE A UN RACCONTO BREVE SCEGLIENDO TRA TRE INCIPIT
B)
L'autrice
Daniela Lojarro è nata a Torino. Terminati gli studi classici e musicali (canto e pianoforte), vince alcuni concorsi internazionali di canto che le aprono le porte fin da giovanissima a una carriera internazionale sui più prestigiosi palcoscenici in Europa, negli U.S.A., in Sud Corea, in Sud Africa nei ruoli di Lucia di Lammermoor, Gilda in Rigoletto e Violetta in Traviata. Alcuni brani che ha inciso sono entrati nelle colonne sonore di diversi film, fra i quali «The Departed» di M. Scorsese, «Il giovane Toscanini» di F. Zeffirelli e «I shot Andy Wharol» di M. Harron. Si dedica anche all’insegnamento del canto e alla musico-terapia come terapista in audio-fonologia, una rieducazione della voce e dell’ascolto rivolta ad adulti o bambini con difficoltà nello sviluppo della lingua oppure ad attori, cantanti, commentatori televisivi, insegnanti, manager per sviluppare le potenzialità vocali.
Google+ | Facebook | Twitter | Gruppo Facebook
-Fantasy:
Il sole stava tramontando sulle verdi
vallate di Renwinter quando Spoongy, elfo nato e cresciuto nel villaggio più
piccolo del Regno di Nalyssa, iniziò la sua corsa a perdifiato giù per il
sentiero immerso nella foresta di Kinwood. Se le sue orecchie a mezzapunta non
lo avevano tradito stavolta, aveva appena sentito un rumore di zoccoli
avvicinarsi ed era raro vedere dei cavalieri a Renwinter.
Correva senza sosta quando inciampò in un
sasso e, perdendo l’equilibrio, si ritrovò con la faccia nella polvere. Sei
cavalieri dalle armature argentate, lo aspettavano alla fine del sentiero e la
sua vita sarebbe cambiata presto, molto presto.
«Questa
volta ne abbiamo beccato uno!», esclamò una voce in tono allegro e trionfante.
Un
piede, calzato di pesanti calzari di cuoio infangati, schiacciò a terra Spoongy
mentre qualcuno gli legava strettamente i polsi. L’elfo sentì lo scalpiccio di
un altro cavallo, il saluto reverente dei sei cavalieri al nuovo venuto e poi,
una mano, tozza ed enorme, afferrò rudemente i capelli argentati del giovane
elfo, chiusi in una treccia, costringendolo a mettersi in ginocchio.
Spoongy,
con il capo chino, ansimava per il terrore. Non aveva mai visto un uomo in vita
sua ma, purtroppo, sapeva, sia dai racconti dei saggi e sia per averlo studiato
nel Kronikon, la storia del regno elfico di Renwinter, che gli umani,
specialmente i cavalieri, erano loro nemici dal tempo della Guerra per la Spada
di Cristallo. Gli umani erano convinti che gli elfi avessero prima parteggiato
per uno dei pretendenti della Spada di Cristallo, poi per l’altro e che,
infine, per impedire la pace tra i Regni del Sud del Nord dell’Est e dell’Ovest,
avessero fatto scomparire la magica arma.
La
punta di una spada s’insinuò sotto il suo mento sollevandogli lentamente la
testa: il giovane elfo non vide nulla al di fuori degli occhi azzurri che lo
squadravano con fredda curiosità quasi fosse uno sgorbio della natura da
studiare. Gli pareva che lo sguardo di quell’uomo penetrasse nel suo cuore e
nella sua mente violando i segreti più intimi, i desideri inconfessabili e pure
i pensieri che lui stesso non aveva ancora formulato.
«Come
ti chiami?», domandò rinfoderando la spada.
La voce
imperiosa e metallica dello sconosciuto fece sussultare il prigioniero
riportandolo alla realtà. «Sp … Spoo …Spoongy», balbettò con un filo di voce.
I
cavalieri scoppiarono a ridere ma l’occhiata gelida del misterioso uomo vestito
di nero smorzò all’istante l’inopportuna ilarità.
«Abbiamo
trovato questo, mio Signore», disse uno dei cavalieri porgendo umilmente al
capo l’arco.
L’uomo
che, a differenza di tutti gli altri, indossava una sorta di divisa in pelle
nera con un immenso mantello di finissima lana foderato di pelliccia, prese
l’arma studiandola attentamente. Poi, tornò a fissarlo con attenzione e, d’un
tratto, lo sguardo dei suoi occhi azzurri, tagliente come una lama, si animò di
un lampo di vero interesse. «Chi sei?».
Spoongy
lo guardò interdetto. «Un … un elfo … cacciatore», rispose.
La mano
dello sconosciuto, ricoperta da un guanto pure in pelle nera, lo colpì
violentemente buttandolo a terra. Con un cenno del capo indicò a uno dei suoi
sottoposti di rimetterlo in ginocchio: dall’angolo della bocca di Spoongy
colava un filo di sangue. L’elfo, per il violento colpo, sentiva le orecchie
fischiare e vedeva una sovrapposizione di immagini sfuocate girare attorno a
sé.
Il
cavaliere nero s’inginocchiò davanti a lui scuotendo la testa e traendo un
leggero sospiro sconsolato. «Prima di tutto, ti devi rivolgere a me chiamandomi
“Mio Signore”. In secondo luogo, non ti hanno educato bene, Spoongy. Mi spiace
ma non mi garbano i bugiardi», aggiunse rivolgendogli un sorriso divertito e
malizioso.
Il
giovane elfo fu colpito dal baluginio dei candidi denti dell’uomo in mezzo alla
lucida e ordinata barba nera: più che un sorriso gli pareva il ringhio di una
tigre pronta ad azzannarlo alla gola.
«Ricominciamo,
Spoongy. Ti chiami Spoongy, sei un elfo, diciamo che forse stavi cacciando per
davvero e, inseguendo una preda, sei uscito dal vostro territorio senza
accorgertene. Ma non sei un semplice cacciatore né un elfo qualunque, non è
vero?», insistette l’uomo.
L’elfo
sentiva le labbra secche e incollate: gli pareva impossibile riuscire ad
articolare una sillaba. Si passò la lingua sulla bocca e il sapore metallico
del sangue gli causò un conato di vomito che trattenne a stento. «Non … capisco
che intendi … mio Signore», mormorò.
L’uomo
alzò la mano e l’elfo incurvò istintivamente le spalle per prepararsi al colpo
ma l’altro la posò paternamente sulla sua spalla. Spoongy abbassò il capo
incapace di reggerne lo sguardo.
«Forse
la fuga e lo spavento ti hanno un po’ scosso, mio giovane amico: hai bisogno
che ti aiuti a ricordare. Il tuo arco è prezioso: gli intagli, i legni
pregiati, la costruzione stessa indicano che non si tratta di un comune arco da
caccia di un qualsiasi elfo dei boschi. Ma … È questo segno», aggiunse
indicando la fronte con un dito, «… impresso qui che rivela la tua menzogna», concluse
afferrandolo per la nuca e costringendolo a guardarlo.
L’elfo lo
fissò con occhi sbarrati dal terrore comprendendo che celare la sua identità
non sarebbe valso a nulla. Avrebbe dovuto essere impossibile ma quell’uomo
sapeva!
«Parla!»,
sibilò spazientito il cavaliere nero.
«Significa
che … che io sono … il Principe Spoongy, erede al trono di Renwinter, figlio
del re Alal, … mio Signore», confessò.
Il viso
fine, dalla pelle leggermente abbronzata del misterioso cavaliere, s’illuminò
di un sorriso di trionfo. «Vedo che hai ritrovato la memoria, figliolo»,
commentò ridacchiando. «Liberate sua altezza!», ordinò agli uomini lasciandolo
e alzandosi in piedi.
L’elfo
lo fissò stupefatto da sotto in su sentendosi sovrastato dall’imponente figura
del cavaliere: non si trattava solo dell’aitante prestanza fisica. Quell’uomo
aveva qualcosa di speciale che lui non riusciva ad afferrare. Come se avesse
letto nei suoi pensieri, lo sconosciuto gli rivolse un sorriso ironico.
«Ora,
Principe Spoongy, tocca a me presentarmi», disse inchinando leggermente il
busto.
Sotto
gli occhi esterrefatti del giovane elfo, le armature d’argento caddero a terra
come gusci vuoti liquefacendosi e svanendo nelle crepe del terreno. Un turbinio
di luci, accompagnato da un clangore come di specchi infranti, avvolse la
figura del cavaliere nero: quando si dissolse, davanti al Principe stava un
uomo dalla folta chioma e dalla barba argentata. La sua età era indefinibile
perché i suoi tratti non recavano alcuno dei segni che negli umani indicavano
lo scorrere del tempo. Al posto della divisa di pelle nera di prima, ora
indossava un caftano di seta, sempre nero: sul petto, appeso a una catena
d’oro, baluginava una pietra verde. Solo gli occhi, azzurri e freddi come due
laghi di montagna, rivelavano che si trattava dello stesso misterioso uomo che
lo aveva catturato.
«Sono
Theodos, giovane Spoongy. E ti comunico che ti ho appena scelto come mio
novizio», disse la voce calda e ammaliante.
Spoongy
strabuzzò gli occhi incredulo. Theodos?! Il Saggio Maestro più potente del
Mondo Conosciuto?! «Tu … tu sei … hai scelto me … tu … io … io …», sbiascicò
senza riuscire a mettere insieme una frase coerente.
«Smettila
di balbettare!», lo interruppe seccamente il Saggio Maestro. «È estremamente
fastidioso per il mio orecchio», aggiunse corrugando la fronte.
«IO?
Perché?», gridò infine il Principe con tutto il fiato che aveva in corpo.
«Perché
tuo padre sarà anche Alal, re degli elfi, ma tua madre era Sylda, figlia di uno
dei pretendenti alla Spada di Cristallo», spiegò con assoluta naturalezza
Theodos.
«Ma tu
… come fai a saperlo?», mormorò sconvolto il giovane.
Il
Saggio Maestro scoppiò in una risata. «Perché fui io a portare in salvo tua
madre incinta a Renwinter!», gli rivelò.
Il
Principe aprì la bocca ma l’occhiata gelida del Saggio gli impedì di perdersi
in sciocche chiacchiere. Tanto non avrebbe saputo che dire!
«Andiamo,
ora. I Regni attendono “Colui che immergendosi nell’Oscurità degli Inferi, porterà
la Luce”», sentenziò Theodos fissandolo intensamente. I suoi occhi azzurri
brillavano come stelle: parevano sondarlo in cerca di una risposta a una
domanda che però non era stata esplicitamente posta.
«Io non
andrò da nessuna parte senza aver salutato mio padre!», si ribellò Spoongy
cercando di sottrarsi al fascino ipnotico di quello sguardo. «Non posso partire
così …».
«Tuo
padre ha sempre saputo che sarei venuto a prenderti», disse laconicamente il
Maestro.
«Ma io
non ho voce in capitolo?», urlò il giovane iniziando ad andare avanti e
indietro come un leone in gabbia. «Chi ti dice che io voglia scendere negli
Inferi per portare la Luce?», gli chiese poi bloccandosi per afferrarlo per le
spalle e guardarlo con sfida.
Theodos
lo fissò a lungo in silenzio finché l’altro non lo lasciò andare e abbassò lo
sguardo.
«Solo
chi è capace di dubitare, chi prova timore di fronte a un’impresa può essere
“Colui che immergendosi nell’Oscurità degli Inferi, porterà la Luce”. Hai
superato la prima prova, giovane Principe», gli rivelò Theodos.
Daniela Lojarro è nata a Torino. Terminati gli studi classici e musicali (canto e pianoforte), vince alcuni concorsi internazionali di canto che le aprono le porte fin da giovanissima a una carriera internazionale sui più prestigiosi palcoscenici in Europa, negli U.S.A., in Sud Corea, in Sud Africa nei ruoli di Lucia di Lammermoor, Gilda in Rigoletto e Violetta in Traviata. Alcuni brani che ha inciso sono entrati nelle colonne sonore di diversi film, fra i quali «The Departed» di M. Scorsese, «Il giovane Toscanini» di F. Zeffirelli e «I shot Andy Wharol» di M. Harron. Si dedica anche all’insegnamento del canto e alla musico-terapia come terapista in audio-fonologia, una rieducazione della voce e dell’ascolto rivolta ad adulti o bambini con difficoltà nello sviluppo della lingua oppure ad attori, cantanti, commentatori televisivi, insegnanti, manager per sviluppare le potenzialità vocali.
Google+ | Facebook | Twitter | Gruppo Facebook
Le altre giornate riguardanti questo libro:
1° giornata: In compagnia di una penna - La copertina del libro
2° giornata: Leggendo insieme - La vita divertente di un autore
3° giornata: Gli occhi del lupo - Autore vs Personaggio
Grazie per avermi fatto partecipare all'iniziativa! È stato divertente creare un piccolo racconto da un incipit dato da voi!
RispondiEliminaGrazie mille a lei per la sua disponibilità :)
RispondiElimina