Buona domenica a tutti! :)
Scusate il ritardo ma non mi sono affatto dimenticata, infatti vi lascio qui la quarta tappa dell'ultimo "Quattro blog per un autore" fino a Settembre.
La rubrica, infatti, riprenderà a settembre.
Oggi concludiamo in bellezza con Andrea R. Ciaravella che ci delizia con un racconto del suo spin-off, prequel del libro:
Scusate il ritardo ma non mi sono affatto dimenticata, infatti vi lascio qui la quarta tappa dell'ultimo "Quattro blog per un autore" fino a Settembre.
La rubrica, infatti, riprenderà a settembre.
Oggi concludiamo in bellezza con Andrea R. Ciaravella che ci delizia con un racconto del suo spin-off, prequel del libro:
“E ADESSO SCRITTORE… CONTINUA TU!”
Per la giornata di
oggi vi presento Disgrace of Blood, un racconto legato all’universo di Claus.
La storia è un prequel delle vicende narrate nel libro.
Episodio 1 - La valigetta

Osservò gli
uomini poco distanti dirigersi verso un palazzo dall’altro lato della strada,
la loro disposizione e le armi pronte a combattere erano il preludio di uno
scontro che stava per iniziare.
Al primo piano
dell’edificio le luci di un appartamento si erano spente mentre l’auto
accostava, nell’ombra era riuscito a scorgere dei movimenti. Rimase immobile
fino a quando la notte non fu squarciata da alcuni colpi d’arma da fuoco e
rapidamente scivolò oltre il nascondiglio.
Piegandosi il
più possibile lungo il tragitto, rallentò solo in prossimità di coperture che
gli permisero di sbirciare ancora. Improvvisamente le armi smisero di sparare e
fece una sosta, doveva assicurarsi che la strada fosse ancora sgombra. Prese
fiato e si asciugò la fronte grondante.
Le urla dei
contendenti invasero l’aria: qualcuno aveva appena ordinato la resa, nessuno
sparò confermando che il conflitto era terminato.
Affrettò il
passo e sbirciò un piccolo biglietto che stringeva nella mano contenente le
indicazioni per trovare il posto in cui doveva dirigersi, stropicciato e pieno
di sudore stava diventando quasi illeggibile. Svoltò giungendo in un vicolo
stretto, intanto alle spalle sentì sparare ancora: una lunga sequenza di colpi
e poi il silenzio.
Un’esecuzione.
Il tempo a
disposizione per muoversi era diminuito drasticamente; si avvicinò a un piccolo
portone di metallo dall’aspetto minaccioso: alcuni fori di proiettile lo
avevano squarciato in diversi punti e la maniglia era stata stretta da una mano
insanguinata, lasciandola storta.
Con un gesto
delicato la mosse e il cigolio dei cardini scatenò qualcosa di simile a una
tempesta, attraversò lo stretto passaggio che si era procurato per poi spingere
delicatamente la porta indietro.
La stanza dove
si trovava era totalmente vacante, le pareti che lo circondavano erano state
tinteggiate da poche ore, lasciando un fortissimo odore nell’aria. L’evidente
contrasto con l’esterno dimostrava che qualcuno aveva cancellato le tracce di
una carneficina con molta cura.
Osservò il
corridoio che doveva percorrere e speditamente raggiunse una scala dall’altro
lato dell’appartamento, si mise contro il muro per controllare le quattro rampe
superiori. Sembrava fossero libere.
Per alcuni
istanti rimase totalmente immobile in cerca di qualche rumore che lo potesse
avvertire di eventuali pericoli che avrebbe potuto incontrare. La quiete gli
suggerì di essere al sicuro, ma ciò nonostante non riuscì a sentirsi sereno;
decise di salire rimanendo in allerta.
Ogni passo era
lento, frequentemente si fermava di colpo per assicurarsi che la situazione nei
piani superiori non fosse cambiata. Estrasse una Colt .45 dalla fondina vicino
al petto e la osservò titubante, non aveva mai provato l’arma. Non aveva mai
sparato con un’arma in vita sua.
Continuò a
salire fino al secondo piano e al termine della rampa s’inginocchiò dietro lo
spigolo della parete vicina, con rapide occhiate scandagliò la stanza che
doveva attraversare una volta abbandonato il riparo. Certo di avere via libera,
lasciò fuggire un sospiro di sollievo.
Si allontanò
dalle scale tenendo la pistola puntata davanti a sé, la stanza indicata dalle
istruzioni era a pochi metri da lui e con calma la raggiunse. La porta
spalancata stimolò tutta l’agitazione che aveva cercato di trattenere, riuscì a
sentire il sangue pulsare dentro ogni vena, superò l’uscio deciso a non cedere
alla tentazione di tornare indietro.
Tutti i mobili
presenti erano stati coperti con dei teli spessi, tranne un piccolo tavolo
posto di fronte a una finestra.
Strinse le dita
contro l’impugnatura della Colt e avanzò per raggiungere l’affaccio, una
valigetta poggiata per terra attirò la sua attenzione. La scocca era composta
da metallo spesso e una chiusura nera con dei numeri in rilievo, indicava la
necessità di combinazione per aprirla.
«Signor Gregory»
disse una voce alle sue spalle.
Si voltò di
scatto puntando l’arma verso l’entrata, ma non vide nessuno.
«Questa non è
necessaria» aggiunse la voce di prima poco distante dal suo viso.
Una mano pallida
gli aveva afferrato il polso con forza, nonostante l’aspetto esile la presa
salda avrebbe potuto spezzargli facilmente il braccio. Il resto del corpo era
rimasto nascosto nell’oscurità.
«Mi ha fatto
prendere un colpo» commentò Gregory rilassando i muscoli.
«Non si
preoccupi» rispose l’altro. La sua voce era fredda e non lasciava percepire
nessuna emozione, rendendo più cupa la sua presenza.
«È stato
difficile arrivare fin qui» spiegò Gregory preoccupato. Con un cenno del capo
cercò di fargli intendere che aspettava di essere liberato.
«Lo immagino.»
L’uomo mostrò appena il viso, sottile e pallido sorrideva forzatamente. «Lasci
a me la pistola.»
«Certamente»
rispose permettendogli di sfilarla via.
Abbandonò la
presa e si mise seduto sopra il piccolo tavolo.
Gregory
finalmente riuscì a vederlo per intero: un corpo dall’aspetto gracile era
totalmente coperto da un lungo spolverino nero. Gli unici scorci visibili erano
le mani e il viso, il cui pallore gli dava una foggia quasi distorta.
L’uomo fece
penzolare il braccio rapidamente verso il pavimento, afferrando la valigetta e
portandola sopra le proprie gambe.
«È questo il
carico?» chiese Gregory quasi balbettando.
«I vostri amici
vogliono il contenuto» rispose l’altro sorridendo artificiosamente.
Inserì il codice
lasciando scattare il coperchio verso l’alto e fece per mostrare il contenuto
al suo interlocutore, pronto a studiare la sua espressione.
«Non voglio
sapere cosa contiene!» esclamò fermandolo. «Servirà al Cambiamento, mi basta
sapere questo» commentò Gregory carico di trepidazione nel tono.
«Ne sono certo
mio caro.» Cercò di sembrare rassicurante, ma non fu in grado di simulare
nessuna emozione.
Gregory sorrise
avvertendo una sensazione sgradevole lungo la schiena, qualcosa in quel tono lo
mise a disagio, facendogli desiderare di allontanarsi il prima possibile.
«Questo è il
vostro pagamento» disse Gregory cordiale mentre porgeva una busta ricolma.
«Molto bene»
sussurrò afferrandola in fretta. La fece scivolare dentro la giacca.
«Non controlla
il denaro?» chiese sorpreso.
«Non si
preoccupi» disse distrattamente. Si alzò e si diresse verso la porta. «Se
dovesse esserci un errore, farò in modo che lei possa ravvedersi.»
Un brivido
violento scosse tutto il corpo di Gregory rendendogli difficile reggersi in
piedi.
Lo sguardo
dell’altro studiò con interesse la reazione che aveva causato, lo osservò
mentre poggiava le braccia all’indietro sulla scrivania per sorreggersi.
Gregory urtò la
pistola che gli era stata requisita, abbandonata sulla superfice ruvida.
«Di questi tempi
è difficile portare avanti affari pericolosi» commentò l’uomo soffermandosi a
pochi passi dall’uscita. «Come pensate di farla arrivare in America?»
«Stiamo cercando
il Cavalca Confini» rispose Gregory quasi orgoglioso.
L’altro si voltò
di scatto e qualcosa di sinistro apparve nel suo sguardo, commentò con un
sussurro: «Molto bene» abbandonando lo spettro inemotivo che aveva sostenuto
per tutto il tempo, per pochi istanti sembrò gioire.
Prima che
Gregory potesse rispondere il suo interlocutore era scomparso oltre l’oscurità
senza emettere alcun suono. Rimase qualche secondo pietrificato e poi prese
l’arma e la valigetta, uscendo dalla stanza anche lui.
Percorse
nuovamente la strada che aveva fatto, un turbine di pensieri lo stava
attanagliando rendendogli difficile mantenere la concentrazione, in lontananza
non scorse nessuno e rassicurato dal fatto che il gruppo armato fosse andato
via accelerò il passo.
Quasi
istintivamente si mise a correre e svoltò verso una strada isolata, durante il
tragitto teneva la valigetta stretta sotto al cappotto, il cui spessore
risultava occultato malamente.
Raggiunse un
largo pozzo di metallo nell’asfalto e si mise in ginocchio, prese dalla tasca
dei pantaloni una piccola chiave e con un rapido movimento del capo controllò i
lati della strada prima di far ruotare la serratura. Lo sportello era più
pesante di quanto lui potesse sperare, con difficoltà lo sollevò. Concesse alla
propria ansia un’ultima ispezione della strada prima di scendere dalla scala.
Dopo pochi
gradini, puntellandosi con i piedi per non perdere l’equilibrio, si sporse
verso la maniglia interna del coperchio e lo richiuse. Lo sforzo gli causò
dolori lungo le braccia e per un attimo gli sembrò che i fianchi stessero per
strapparsi. Il dover tenere stretta a sé la valigetta per non farla cadere
risultò maggiormente stancante e in più di un’occasione rischiò di scivolare.
Discese verso il
basso raggiungendo le fogne, felice di aver poggiato finalmente i piedi a
terra, prese la valigetta dalla maniglia e con la mano libera colpì un piccolo
tubo vicino: picchettò tre volte e rimase in attesa.
Dalla profondità
della galleria un'altra tubatura vibrò in risposta, con la stessa sequenza.
«Eliza ci siamo
riusciti» commentò lui soddisfatto intanto che avanzava nella galleria.
«Gregory» disse
la voce di una donna poco distante. Preoccupata lo raggiunse quasi correndo.
«Cosa è successo? Ho sentito degli spari.»
«Non ti
preoccupare, non mi ha visto nessuno» rispose l’uomo rassicurante.
«A chi stavano
sparando?» chiese poco convinta.
La sottile bocca
tremava dal freddo, animando sottili nuvole di condensa, i larghi occhi azzurri
studiarono l’aspetto di Gregory in cerca di lesioni.
«A quanto pare è
vero: i Signori delle Città stanno cercando dei Runner fuggitivi. Dentro il villaggio
c’è stata una sparatoria.»
La donna non
sembrò convinta dalla sua spiegazione «Come fai a dire che erano proprio dei
Runner?»
«Ne sono sicuro,
è da diversi giorni che continuano questi scontri. Meglio così, sono tutti
concentrati su questa storia, dandoci modo di agire indisturbati.»
«Samuel ci
aspetta, il rifugio è appena fuori dal villaggio» disse Eliza sospirando.
«Ti ricordo che
non devo sapere dove andrete.»
Iniziarono a
percorrere il tunnel, muovendosi vicini.
«Gregory»
borbottò lei cercando di scegliere le parole giuste. «Tutto questo è
pericoloso.»
«Non devi
preoccuparti.»
«Perché stai
rischiando così tanto? Sei un Cittadino di primo grado, potresti perdere tutto
quanto.»
«Lo faccio
perché posso farlo, ho i soldi necessari a sostenere tutto questo. Per favore,
fidati di me.»
«Potremmo
condurre una vita senza problemi, senza timori. Non riesco a capirti.»
«In America sta
iniziando qualcosa di importante. Il Cambiamento è tutto quello che abbiamo
sempre desiderato, fin dal primo giorno in cui è iniziato il Regno.»
«Eri troppo
piccolo per ricordarlo, come puoi essere certo che sia giusto?»
Erano giunti di
fronte una enorme cisterna, poco distante una scaletta portava nuovamente in
superficie.
«Eliza, pensaci
bene. Tutto quello che è successo è ingiusto, come può da così tanta morte
nascere un mondo perfetto?»
Mentre parlava
aveva messo il piede sul primo gradino «Andrà tutto bene» disse prima di
proseguire.
«Mi fido di te»
sussurrò Eliza aspettando che si liberasse lo spazio per seguirlo.
Gregory salì
lentamente, la valigetta sotto il braccio lo costringeva a movimenti goffi e
instabili, dal primo fino all’ultimo gradino rischiò di scivolare
continuamente. Giunto in prossimità dell’uscita mise la piccola chiave nella
serratura con difficoltà.
Spinse il
coperchio verso l’alto ma il peso del metallo sembrò nullo, si spalancò di
colpo e Gregory sussultò.
La luce di una
torcia elettrica lo aveva travolto senza preavviso destabilizzando la sua
posizione, prontamente lasciò cadere la valigetta verso Eliza, che aveva
percorso soltanto qualche gradino.
All’esterno una
voce furiosa aveva appena dato un ordine: «Prendetelo.»
Gregory fu
afferrato e tirato fuori, in pochi istanti si trovò all’esterno, circondato da
cinque persone armate. Cercò di divincolarsi dalla presa e con un calcio spinse
il coperchio della botola chiudendola violentemente.
L’uomo che lo
aveva agguantato strinse maggiormente la presa per immobilizzarlo, sotto lo
sguardo di rimprovero degli altri: l’azione di Gregory aveva quasi travolto uno
di loro intento a esaminare la botola.
«Cosa state
facendo? Lasciatemi» urlò con rabbia cercando di liberarsi.
Uno degli
aggressori si avvicinò rapidamente, con il calcio dell’arma lo colpì allo
stomaco per poi sventolargli sotto il naso la canna, pronta a far fuoco.
«Lasciatemi
andare» implorò Gregory respirando a fatica.
«Silenzio» urlò
un altro afferrandolo per la il maglione. Lo spinse per terra con forza,
liberandolo dalla presa del compagno. «Cosa ci facevi lì sotto?» Tuonò mentre
gli assestava un calcio nello stomaco.
«Stavo
scappando, c’è stata una sparatoria» raccontò sputando sangue.
Vide che il
resto del gruppo era chino sopra lo sportello, in pochi istanti lo avrebbero
aperto trovando Eliza. La sua mano scivolò dietro la schiena e, mentre veniva
colpito ancora, fece uno scatto rapido con il braccio verso il soldato
inginocchiato vicino al bordo della botola. Gli uomini sussultarono alla vista
di un cilindro metallico lanciato nella loro direzione, prima che potessero
reagire un potente boato anticipò una gigantesca esplosione luminosa. I timpani
di tutti i presenti furono travolti dall’onda d’urto, vibrando violentemente e
alcuni di loro strinsero il capo fra le mani doloranti.
Gregory ancora
accecato si mise in piedi e barcollando cercò di allontanarsi, nella sua testa
risuonava ancora un terribile ronzio, non riuscì a percorrere nemmeno un metro
prima di finire con la faccia contro l’asfalto, la caduta gli spaccò il labbro
e riempì la bocca di sangue.
Cercò di
rotolare disperatamente, come se potesse fuggire in quel modo.
Lontananza
qualcuno stava urlando: «Era una Flash bang, figlio di puttana.»
Poggiò la mano
per terra nel tentativo di rialzarsi, con l’obiettivo di farsi inseguire per
allontanarli da Eliza. Era pronto a lanciarsi alla cieca fra i vicoli, ma una
mano pesante avvolta da un tirapugni gli fracassò la faccia.
Finì per terra
senza riuscire a reagire e l’oscurità beffarda lo circondò.
Episodio 2 - Vecchie ferite
Eliza non riuscì
a comprendere in tempo cosa stesse accadendo, il susseguirsi degli eventi la
fecero sobbalzare, perse l’equilibrio e prima che potesse recuperare la presa
sul gradino, la valigetta precipitò colpendola alla spalla. Durante la caduta
riuscì a vedere Gregory mentre veniva trascinato fuori, le urla dall’esterno
coprirono in parte il rumore del suo schianto al suolo.
Sentì lo stomaco
comprimersi, mentre il resto del corpo colpiva bruscamente il pavimento; la
testa aveva urtato il duro cemento, lasciandola per alcuni istanti confusa e a
stento riuscì a rotolare via. Nell’addome il dolore era lancinante, capì di
essere atterrata sopra la valigetta.
Osservò la
botola: con un colpo secco si era rischiusa, attenuando tutti i rumori.
Senza riuscire a
comprendere la gravità della situazione tornò in piedi, barcollando
pericolosamente vicino la cisterna di metallo. Dalle abrasioni causate
dall’oggetto lasciato cadere da Gregory cominciarono a gocciolare sottili
lacrime di sangue, con il palmo della mano cercò inutilmente sollievo
spingendolo contro la dolorosa ferita.
Raccolse la
valigetta e con la testa dolorante cercò una via di fuga, corse per quanto le
fosse possibile, sforzandosi di ricordare la strada da percorrere per
raggiungere l’uscita secondaria concordata con Samuel poche ore prima.
...CONTINUA
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Acquisto spin-off
Kobo
➳ Angolo dell'autrice
Acquisto spin-off
Kobo
➳ Angolo dell'autrice
Andrea R
Ciaravella, o ancora meglio soltanto R. ripetente della classe 89. Vive nel segreto
nazionale e difende la patria da oscure presenze. La parola Artista lo
lascia sbigottito, solitamente si volta e cerca di defilarsi, ma essendo enorme
e goffo finisce per attirare l’attenzione di tutti. Per diversi anni ha
collezionato cassetti dove nascondere le proprie opere, poi ha perso le chiavi
di ognuno. Nerd al punto giusto e sommelier del fantasy ha cominciato a
percorrere la via della redenzione a fianco di Claus, “la sua prima opera” che
non trova spazio nel cassetto per motivi che non vuole
chiarire. Recentemente è diventato coinquilino di Sean Connery, ma questa
è un’altra storia.
Le altre giornate riguardanti questo libro:
1° giornata: In compagnia di una penna - La copertina del libro
2° giornata: Leggendo insieme - La vita divertente di un autore
3° giornata: Gli occhi del lupo - Autore vs Personaggio